Lakshmi è un film biografico del 2014, scritto e diretto a Nagesh Kukunoor.
L’intento di questa pellicola è di traslatare sul grande schermo le aberranti azioni invisibili di esseri umani senza scrupoli, attraverso immagini forti, a volte spietate, ma necessarie al fine di far affiorare sulla superficie dell’Oceano dell’omertà una realtà che è dura a morire, ossia il traffico di bambine e giovani donne e la loro introduzione forzata nel mercato illegale della prostituzione.
E’ necessario comprendere che l’essere femminile e di conseguenza il suo ruolo sociale, specialmente in un contesto patriarcale e fallocrate come quello indiano, è sottostimato, marginale, di molto inferiore a quello elitario maschile e che sebbene le caste siano state abolite attorno agli anni Cinquanta del Novecento, la loro proiezione incide sul vissuto quotidiano comunitario.
La donna, riassumendo, è vista come una proprietà esclusiva dell’uomo: in tenera età del padre, del fratello, dello zio, poi, una volta raggiunta l’età della fertilità – sorvolando per un attimo l’annosa questione delle spose bambine – del marito, del cognato e del suocero.
N.b. i matrimoni sono spesso frutto di combinazioni tra famiglie, un modo “indolore” per sfuggire alla povertà estrema e per liberare i genitori delle ragazze dall’onere di sostentarle economicamente.
In India la povertà è una piaga innegabile e negli agglomerati rurali la miseria è tangibile: è già tanto avere un tappetino di canne sul quale dormire, figuriamoci avere un tetto che ripari da vento, pioggia e sole. Molte famiglie vivono la loro esistenza all’aria aperta, senza sapere se per pranzo ci sarà un pugno di riso a sfamarli o un velo a coprire le membra.
E’ proprio in questo scorcio bucolico che prende vita la storia di Lakshmi, un’adolescente senza identità, la cui unica colpa è quella di essere nata povera e di non godere di tutela alcuna, né da parte della famiglia, né da parte delle autorità.
Dopo un viaggio su un mezzo fatiscente in compagnia di altre ragazze, Lakshmi approda in un brothel, dal quale tenterà ripetutamente la fuga, appellandosi persino alla polizia locale, che, per tutta risposta, la riporterà dritta nell’inferno dal quale cerca di scappare.
Per una serie di eventi fortuiti, la giovane si ritroverà a fronteggiare i suoi oppressori in un’aula di tribunale, vincendo la causa e creando un importante precedente giuridico che dona speranza a tutte le vittime innocenti della tratta umana e del connesso traffico sessuale.
Il film si divide in due parti, una più romanzata, dove gli atti carnali non vengono mostrati in modo sfacciato, l’altra caratterizzata da tinte meno rosee, con scene cruente ed esplicite che raggiungono rapidamente lo spettatore e hanno l’effetto sgradevole di una doccia fredda.
La protagonista non manca di carisma, nonostante la giovane età, e rappresenta l’esatta purezza dei suoi anni, tra sorrisi e tenerezza, opposti in modo brutale alle spregevoli umiliazioni che la mettono in ginocchio, non penetrando tuttavia la vigorosa determinazione, ma temprando, di volta in volta, il suo ammirabile spirito guerriero.
Perché guardare Lakshmi?
Quando si parla di femminismo, si fa spesso riferimento a quella cerchia di donne chiuse nel loro guscio, probabilmente lesbiche, come se l’orientamento sessuale facesse in qualche modo la differenza, fallofobiche, impregnate di pregiudizi e incapaci di proteggere altri esseri come loro, se non a determinate condizioni.
In realtà questo movimento culturale e intellettuale si pone l’obiettivo di garantire la parità dei diritti per TUTTI GLI ESSERI VIVENTI, prescindendo l’età, il genere, l’etnia, la posizione lavorativa e l’estrazione sociale.
Nel 2018 si rende ancora NECESSARIO parlare di disparità tra sessi, di lotta agli abusi e all’indifferenza di contorno, di coesione collettiva e “Lakshmi” lo fa, a modo suo, mettendoci di fronte alle brutture del Mondo nel quale viviamo. Pensiamo che l’India sia tanto lontana da noi, perché i suoi modelli ci sembrano arcaici e caduti in disuso.
Siamo davvero sicuri che sia così?