Once upon a time there was a sweet little girl. Everyone who saw her loved her.
C’era una volta una dolce piccola donna (che noi chiameremo la Nero), tutti quelli che la incontravano finivano con l’innamorarsene perdutamente.
MA ANCHE NO, grazie!
Questa è la storia di come gli stalker hanno infestato la mia vita nell’ultimo anno (e di come Nerdy volesse prima scovarli con metodi degni di un giocatore di softair – quale lui è-, poi materialmente eliminarli dalla faccia della terra, architettando qualcosa di atroce ed estenuante).
Partiamo subito dal
- SOGGETTO N.1: il milite ignoto.
No, non è risorto dalla tomba ed arrivato a noi, dal 1918, come un vagante in puro stile Pet Sematary.
È piuttosto un uomo in divisa di circa quaranta/quarantacinque anni, con moglie e figli a carico. Uno di quelli che già dopo il primo figlio, aveva ponderato la possibilità di troncare con sua moglie perché stufo del menage fami(g)liare, della routine quotidiana, del sesso sempre piatto, della lavastoviglie col filtro sporco, del cane da portare a far la passeggiatina notturna per fargli vuotare intestino et vescica (o come si dice da queste parti “scende il cane a pisciare”).
Uno di quelli che, siccome la vita di coppia è uno schifo, “proviamo a risanare il rapporto con un altro figlio ed un altro ancora (sino a raggiungere un numero ennesimo, che a noi non è dato sapere)”, col risultato di ammazzare anche l’ultimo, remoto barlume di speranza rimasto.
Agisce contattandoti tramite facebook, anche se potrebbe fermarti di persona dato che lo vedi quotidianamente, facendo domande stupide, poi cercando di tastare il terreno credendo di giocare a “campo minato”. Chiede appuntamenti informali con tono innocente, tipo: <<ci facciamo un caffè? Un bicchiere di vino?>>, con l’unico scopo di guardarvi il culo come se fosse l’ultima fetta di torta del Cafè Sacher di Vienna.
Dissemina le vostre foto di “I like”, appesta ogni vostro pensiero con un commento inutile come “bellissimo” intendendo in realtà “sei bellissima”, lanciandosi prontamente in una chat della quale non ve ne facevate nulla prima, figurarsi DOPO, dichiarandosi appassionato al vostro essere. In qualsiasi forma esso (il vostro essere, dico) compaia in questo lembo di terra.
Ok. Grazie. Però basta.
Dopo innumerevoli <<disturbo? Sai io e mia moglie non facciamo patapimpatapam, non ci si diverte, non si legge, non si guarda il mare, non si respira, non si parla, non si fa altro che litigare>>, ripetuto in loop per mesi, alla mia legittima domanda <<perché non la lasci?>>, la risposta è <<NON E’ FACILE>>.
Ho capito, quindi? Quindi in sostanza quello che vuole il milite ignoto sei TU, proprio TU, sempre TU, nient’altro che TU.
Arma usata: so chi è tua moglie.
- SOGGETTO N. 2: il mutaforma.
È un tipo davvero carino. I suoi modi sono gentili, ti insegna la sua lingua (perché devi sapere che il mutaforma è straniero. Non uno straniero qualunque, lui ti insegna l’urdu!), ti invita a bere un caffé, ti fa assaggiare il roti, ti parla della sua religione e, nonostante appaia lievemente invasato con quest’ultima, conquista la tua fiducia. Vi scambiate numeri di telefono, indirizzi dei social, email.
Dopo mesi di chiacchiere e qualche coccola, che secondo la tua cultura si riterrebbe abbastanza innocente, il mutaforma comincia con le avances. Le quali vengono puntualmente respinte, con la classica delicatezza che contraddistingue noi donne della generazione X.
Il mutaforma non tollera che i “no” provengano dalla bocca di una donna, come la definisce lui, occidentale, allora decide di diventare sempre più pressante, presente. Quando ti giri senti il suo alito sul collo, i suoi occhi sulle spalle.
Le sue gentilezze continuano, ma si alternano in modo sempre più veloce ad insulti di vario genere, minacce di violenza.
Sei costretta a parlare con poliziotti, ufficio immigrazioni, Nerdy, parentado, amici e colleghi, cosicché tutti sappiano.
Il mutaforma è capace di incontrare qualcuno che conoscete entrambi e parlare bene di te, giusto per farti “arrivare il messaggio”.
L’unico modo per liberarsene, oltre a denunciarlo, è IGNORARLO, bloccandolo da/con qualsiasi mezzo.
Arma usata: ti denuncio.
- SOGGETTO N.3: La donna che si finge uomo.
Hai presente catfish? Se sì, sei già arrivat* pienamente al concetto di cui vorrei parlare. Se non hai mai visto questo programma, be’, dovresti!
Attacca con complimenti di vario genere, sforando nell’irreale. Ti racconta una storia che sfiora il melodrammatico, con accessi da commedia comica di serie Z. Si spaccia per un uomo/donna. Il suo affacciarsi nella tua vita si protrae per giorni, mesi, a volte anni.
Spesso sembra avere l’alzheimer perché, inventandosi tutto e non avendo una memoria di ferro, cade in contraddizioni ilari!
Finché un giorno il grillo parlante non ti sussurra che qualcosa davvero non va, ti armi di coraggio e, come Nev e compagno, ti lanci in una ricerca incrociata assurda, scoprendo chi si celi realmente dietro quella falsa identità.
Arma usata: so chi sei.
Ora, essendomi creata un account con nome+cognome palesemente fittizi, posso PRIMA DI TUTTO seguire cosa/chi realmente m’interessa, senza che qualcuno si offenda vedendo la propria richiesta di amicizia rifiutata o decida di eliminarl* – previo avviso – dai contatti o scriva qualche mia opinione politically incorrect. DOPO DI TUTTO, posso circolare su facebook senza dover necessariamente scambiare le mie idee, perle di filosofia, canzoni, citazioni di libri, foto dei pasti, di gatti, di cani, di bambini morti (possibilmente in modo cruento, altrimenti i “I like” non salgono abbastanza sulla pagina), di veganicontrocarnivoricontrofruttarianicontroentomofagi o semplicemente posso farlo senza che qualcuno si senta ferito nell’intimo.
PER TUTTO IL RESTO, c’è il blog.
Una risposta a "#1: Del perché sono su Facebook sotto mentite spoglie (Ssssh!)"