Sto cercando di contattare il maggior numero di persone a cui voglio bene per renderle partecipi di questo nuovo progetto della mia vita.
Premetto che quest’anno ho deciso di amputare quei rapporti tenuti “in nome di qualcosa” tipo conoscenza prolungata (e allungata), amicizia (che credevi sincera e invece si è dimostrata per quel che è veramente), quieto vivere ed altri fattori che noi descriveremo brevissimamente con etc, allontanandomi volutamente e lasciando ad ognuno la possibilità di realizzarsi ed essere felice a distanza dalla mia persona, perché secondo me è questo che fanno gli intelligenti (in ambito sentimentale). Non augurano male, infilandosi in un tunnel di odio/rancore/invidia, ma sperano che coloro a cui hanno dedicato parte di sé possano vivere e godere delle migliori fortune.
Riflettendoci è quello che vorrei per me stessa.
Questi legami, caduti in disgrazia per qualche ragione, hanno costellato la nostra vita di episodi indelebili di vario genere, a volte molto gradevoli, altre decisamente spiacevoli. Oltre agli episodi vissuti, di cui ognuno ha goduto ed è stato protagonista seguendo il proprio punto di vista, ci sono i metri di giudizio differenti, le onde di pensiero sintonizzate su canali diversi ed il confronto, quando esiste.
Quando esiste…
È un po’ strano per me, donna conosciuta per la naturale dote di saper divenire un’ enorme e sconfinata faccia da c… – Umh, sincera, dicevo! -, pensare che una persona voglia omettere la propria reale opinione su un’altra ritenuta amica e si nasconda volutamente dietro una serie di moine sfacciate, inverosimili e costruite.
Facciamo ora un esempio concreto di quello che succede alle donne ed ai loro rapporti, soprattutto in ambito lavorativo [chiameremo i nostri figuranti Brutilde, Cicciola e Elvira (i fatti narrati NON sono di pura fantasia; chiunque si riconoscesse in uno o più personaggi è libero di far partire immantinente un esame di coscienza di quelli-che-proprio-non-ti-dimentichi-mai.)]:
Brutilde:”Cicciola, ma hai visto quanto è grassa Elvira. Ha un culo che fa provincia, ma come fa a guidare la macchina quella? Non riesce a passare dalle porte!”
Cicciola:”Effettivamente dovrebbe dimagrire. Più che altro per la sua salute”
Arriva Elvira
Brutilde salta su dalla sedia, manco fosse in preda ad un attacco di diarrea fulminante, e corre scalpicciando contro Elvira, festante come a 12 anni.
Brutilde ad Elvira:”Ma quanto siamo belle oggi. Ma quando-to-sia-mo-bbbell-llleh!”
Seguono baci, manco fosse la vigilia di Natale o anno nuovo. Ovviamente è Brutilde la bacitrice compulsiva.
Cicciola pensa:”Ovviamente con me non lo farà mai. Figurati se potrebbe mai criticarmi dopo tutti i segretucci e le effusioni scambiate e gli anni di feste assieme…” (illusa!)
Cicciola ha un impegno e lascia le due amiche esattamente dove sono, lì in piedi a chiacchierare.
Brutilde è furba però, sa che Elvira non ascolterebbe mai una critica senza poi rifletterci sopra e smascherarla. Ed allora cosa fa? Va da altre persone e critica quell’atteggiamento di Cicciola, sì quello là, che tanto le da sui nervi.
Brutilde pensa di essere il centro dell’Universo conosciuto e sconosciuto e, come esso, di essere infinitamente esplosivo e magnetico. Purtroppo non sa che l’unica cosa di illimitatamente visibile è la sua idiozia e ridicolaggine.
Un altro dato da aggiungere a questa analisi è l’imprevedibilità, ovvero “non so cosa aspettarmi da te“.
Persone come Brutilde sono capacissim* attori/trici, dissimulano con scioltezza amore, devozione e affetto, indistintamente e clamorosamente, emettendo versi come “tu devi sapere che ti voglio bene, per me sei speciale, ho bisogno di te e sei l’unica persona che sa tutto di me [anche se alle spalle dico peste e corna di te (ma questa è una di quelle avvertenze scritte nei bugiardini in un minuscolo talmente minuscolo da risultare illeggibile)]”.
Elementi di questo livello possono impiegare un tempo più o meno lungo per mostrarsi al tornasole.
Il vero problema per me è senza dubbio l’incapacità di calibrare le parole, di comprendere davvero quanto una parola ricevuta pesi nel cuore di un essere umano e di centellinare le parole che escono dalla gola, cercando di fare una cernita tra quelle che provengono dal cervello, dallo stomaco, dal fegato o dal deretano. L’ho detto, cacchio!
In opposizione al problema del parlo-ma-non-penso c’è il non-parlo-per-(inserisci qui qualsiasi cosa ti venga in mente. Esempi: principio/orgoglio/non-ho-voglia/non-ne-sono-capace…).
L’assordante mutismo cinge buona parte dei rapporti, tutta la spontaneità si perde sfumando in mezzi di comunicazione alternativi che mediano la parola detta, trasformandola in un paradiso di byte privi di qualsiasi emozione.
Si è un po’ perso il bisogno di dialogo e contatto, perché si crea una dualità tra l’essere ed il dover essere, in uno sforzo sovrumano di risultare qualcosa che ai fatti non si è! Ci si sforza di mostrarsi sempre felici, di far vedere a tutti quale meraviglioso accessorio è andato ad aggiungersi ai milioni di altri inutili orpelli, si vuol mostrare ed ostentare un personaggio inventato da noi per alimentare un ego insaziabile.
Che cosa limita o distrugge la volontà di rivelarsi per chi si è davvero, dentro i propri panni? Vogliamo essere omertosi con noi e con gli altri perché è la via più semplice per non esporsi mai o siamo solo incapaci di gestire questo senso del dover apparire per forza belli, ricchi e simpatici? O peggio ancora siamo incapaci di essere e capire semplicemente noi stessi?
Dopo questo mattone, vado a bere un caffè. Doppio, eh!